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L'evento: parla Bob Dylan. E si toglie qualche sassolino dalle scarpe

L'evento: parla Bob Dylan. E si toglie qualche sassolino dalle scarpe

Un'intervista con Bob Dylan? Evento raro. Una sua dichiarazione personale? Evento rarissimo. Assume perciò valore molto rilevante una presa di posizione, in prima persona, da poco pubblicata dallo stesso bardo di Duluth sul suo sito bobdylan.com ed intitolata "To my fans and followers". Dylan, che tra pochi giorni compirà settant'anni, si toglie qualche sassolino dalle scarpe per quanto riguarda la cosiddetta "controversia cinese". Come forse si ricorderà, Bob era stato aspramente criticato in quanto -secondo quanto era stato affermato- durante i suoi recenti concerti in Cina aveva evitato di proporre i suoi pezzi più "pericolosi". Brad Adams di Human Rights Watch aveva ad esempio dichiarato: "Dylan dovrebbe vergognarsi, il Dylan di una volta non si sarebbe fatto dire da un governo cosa cantare e cosa no. Ha una possibilità storica di comunicare un messaggio di libertà e di speranza e cosa fa? Lascia che siano i censori a scegliere la sua scaletta". Il "profeta del Minnesota" ora chiarisce. Innanzitutto rende noto che non gli era mai stato negato il permesso di esibirsi nella Repubblica Popolare Cinese; si tratta -parole dell'artista- di una sorta di invenzione di un promoter locale. "Se qualcuno si fosse preso la briga di interpellare le autorità cinesi, sarebbe stato chiaro che le stesse erano all'oscuro di tutto", scrive Bob. Il quale subito dopo se la prende con il report del mensile britannico "Mojo", secondo il quale ai concerti c'erano essenzialmente stranieri e molti posti a sedere erano rimasti liberi. "Questo non è vero", afferma. "Se c'erano stranieri, erano pochi. La maggior parte del pubblico era composta da giovani cinesi. Gli stranieri erano casomai ad Hong Kong, non a Pechino. E su 13.000 biglietti ne abbiamo venduti circa 12.000".



Dylan ammette che la stampa locale lo ha effettivamente dipinto come una icona anni Sessanta, raffigurandolo accanto a Joan Baez, Che Guevara, Jack Kerouac ed Allen Ginsberg; tuttavia il pubblico ha risposto "entusiasticamente" alle canzoni "dei miei ultimi 4 o 5 dischi". E poi. Censura? Quale censura? "Per quanto riguarda la censura", scrive l'artista, "il governo cinese aveva chiesto i titoli delle canzoni che avrei suonato. A ciò non vi è una risposta logica, quindi abbiamo spedito le scalette degli ultimi tre mesi. Se ci sono state delle canzoni o dei passaggi censurati, nessuno me l'ha mai detto e noi comunque abbiamo eseguito tutte le canzoni che volevamo suonare".
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